venerdì 13 giugno 2008
Orgoglio cinese
Mentre ero impegnata in una metallica conversazione su skype, questa sera la mia coinquilina cino-britannica si è messa a cantare. In cinese. Ultimamente le è venuto fuori un pò di orgoglio patriottico, che ha manifestato nei seguenti modi: solidarietà con il governo cinese piuttosto che con i monaci tibetani e passione incontrollabile per soap opera cinesi e per il karaoke. Sul primo punto ho preferito non indagare, mi piace vivere in questa casa e non mi voglio far espellere perchè dissidente.
La passione per le soap opera per fortuna si è esaurita dopo 36 ore ininterrotte di visione di tormentate storie di amore tra un ricco e bello e una povera e bella. L'amore per il karaoke invece cresce ogni giorno di più. Pare che sia una fissazione in tutto il Sud-Est Asiatico, al pari del calcio per gli europei. Sapevo grazie a Turisti per caso che fosse popolarissimo in Giappone, ma essendo i giapponesi al primo posto nella mia classifica dei popoli matti da legare (lo so, non è politically correct, ma più imparo del Giappone e più me ne convinco), non avevo preso in considerazione la possibilità che fosse un elemento distintivo del senso di identità di un intero pezzo di continente. Invece pare che da Bangkok a Beijing passando da Honk Kong, sia normale per casalinghe, adolescenti e funzionari di banca rinchiudersi nella pausa pranzo in un box dotato di schermo e microfono a cantare a squarciagola e mangiare noodles. C'è anche la possibilità di registrare la propria performance su CD e di farsi scattare fotografie ricordo. Il punto di tutta la faccenda è che si tratta di esibizioni private. Lo si fa in presenza di un paio di amici fidati e solo chi è dentro il box può udire ciò che vi avviene. Così anche il più composto impiegato o la mia aspirante-medico-sempre-impeccabile coinquilina si possono sfogare cantando di cuori spezzati o di orgoglio patriottico. Eh si, la canzone che tutta entusiasta Tina cantava stasera parla dell'orgoglio che i giovani cinesi hanno o dovrebbero avere per la loro lingua. Immagino però sottointendendo un approccio pragmatico al concetto di identità nazionale, visto che metà della canzone aveva sonorità hip hop e che le protagoniste del video sono tre fanciulle in pigiama rosa che a un certo punto vestono i panni delle loro sorelle della East Cost.
Insomma, già mi aveva convinto il mio professore di antropologia che non c'è niente di meno autentico della tradizione, che è piuttosto continuamente reinventata sulla base di quello che è disponibile sul momento. Stasera ho avuto la conferma che nemmeno il Dragone asiatico sfugge a questa logica, che gli piaccia oppure no.
 
posted by Chiara at 01:07 | Permalink |


2 Comments:


At 13/6/08 14:47, Anonymous Anonimo

fantastico!!!! mi sento anche in diritto di poter dire di aver assisitito allo sbocciare delle tina's passions : DDD
bacione ciccia
vale

 

At 20/6/08 15:57, Blogger Mana

"non c'è niente di meno autentico della tradizione", il tuo prof di antropologia (ma quello della SOAS o intendi il nostro giovane montanaro dei tempi dell'ESA?) aveva proprio ragione. Però se la tua coinquilina ti può passare qualche soap cinese, giramela: potrebbe andare bene per delle videoinstallazioni...
quando torni da queste parti?