domenica 27 luglio 2008
Ama il prossimo tuo
L'ho letto per la prima volta in Shantaram che l'India è il paese dell'amore. Uno dei personaggi del libro affermava che solo un paese dominato dall'amore può sostenere l'abbondanza e la promisquità dei corpi che c'è in India. Senza amore reciproco latente tutta quella folla che continuamente si scontra si mescola si tocca si odora finirebbe per massacrarsi avvicendevolmente (a pensarci questa potrebbe essere una spiegazione alternativa dell'interminabile conflitto Israelo-Palestinese: l'assenza di amore reciproco).
Dopo meno di 24 ore a Delhi accolgo in pieno questa teoria. Andare in giro per la città è un'esperienza corporale totale che puo essere tollerata a lungo solo da chi ama lèessere umano in quanto tale. Tutti i sensi sono coinvolti nel sentimento. Il primo shock è dato dal calore e dall'umidità. Il corpo comincia a grondare sudore in pochi minuti, il sudore si mescola alla polvere e alla terrra e questa calcina si attacca addosso entrando in bocca, negli occhi, nel naso. Il sollievo arriva nel pomeriggio, quando piove. La temperatura diventa quasi tollerabile e la polvere si trasforma in fango. Camminare per le strade della città diventa estremamente faticoso, perchè almeno metà dell'attenzione è rivolta ad identificare e schivare buche, sassi scivolosi, pozze di fango mescolato a fluidi di provenienza animale. Non indossare sandali certo aiuterebbe, ma la scelta dipende dal grado di tolleranza dei vostri piedi ad una temperatura di 42 gradi centigradi quando avvolti da calzini.
Tutte le sensazioni tattili sono accompagnate da odori piuttosto marcati. Quello dominante è un odore dolciastro e vagamente acido, direi sudore urina incenso e qualcos'altro di non identificato. Alternativamente uno prevale sull'altro, ma non scompaiono mai.
L'udito potrebbe essere impiegato per usi intellettualmente stimolanti quali ascoltare la quantità di lingue diverse che si parlano a Delhi ed ancora di più decifrare l'inglese parlato con l'accento indiano che, giuro, risulta assolutamente incomprensibile. Invece è monopolizzato dal suono dei ventilatori presenti in qualsiasi interno e soprattutto dallo strombazzare di tutti i mezzi su ruote che occupano le strade. Automobili e camion, ma soprattutto moto, motorini e rickshaw (a motore e a pedali). Occasionalmente fanno la loro comparsa anche carretti trainati da mucche o esseri umani. Evidentemente è qui ritenuto che l'energia fonetica generi movimento, poichè clacson, trombette e campanelli non sono fatti tacere un attimo. Allo stesso tempo essi devono anche avere la capacità di sgombrare la via da qualsiasi ostacolo possa rallentare la corsa del mezzo in questione, siano questi carretti di frutta, persone che camminano, cani addormentati o in fin di vita, un rickshaw fermo perchè sta caricando qualcuno o una macchina che viene dalla direzione opposta in una strada a senso apparentemente unico e dalla carreggiata stretta.
Con la vista si può solo tentare di dominare il caos e tenere sotto controllo questa vasta umanità che costantemente cerca e offre un contatto con te.
Manca il gusto, ma devo dire che quello sembra risultare pienamente appagato, a patto che si sia dotati di uno stomaco resistente e tenace.

Mi chiedo se i miei sensi si dimostreranno alla altezza o cederanno al razionalismo.
 
posted by Chiara at 16:31 | Permalink | 1 comments
giovedì 24 luglio 2008
Espandendo angoli del presente
Dietro a un miraggio c'è sempre un miraggio da considerare,
come del resto alla fine di un viaggio
c'è sempre un viaggio da ricominciare.
Bella ragazza, begli occhi e bel cuore,
bello sguardo da incrociare,
sarebbe bello una sera doverti riaccompagnare.
Accompagnarti per certi angoli del presente,
che fortunatamente diventeranno curve nella memoria.
Quando domani ci accorgeremo che non ritorna mai più niente,
ma finalmente accetteremo il fatto come una vittoria.

Perciò partiamo, partiamo che il tempo è tutto da bere,
e non guardiamo in faccia nessuno che nessuno ci guarderà.
Beviamo tutto, sentiamo il gusto del fondo del bicchiere
e partiamo, partiamo, non vedi che siamo partiti già?


Viaggi e Miraggi; F. De Gregori
 
posted by Chiara at 21:44 | Permalink | 1 comments
martedì 15 luglio 2008
Love story
Due post in un giorno, per i seguenti motivi: controbilanciare l'ondata di negatività del post precedente e perchè la storia che ho da raccontare merita un post a sè.

Uno dei più validi motivi to stick to academic life più a lungo dello stretto necessario per ottenere una laurea sono le persone che si possono incontrare in una università. Difficile negare che più di in altri ambienti c'è abbondanza di materia umana sorprendente e interessante e talvolta capace di farti fare pace con il mondo.
Ad esempio, questa mattina ho avuto un'amabile conversazione con una giovane ricercatrice (belga o olandese, credo) che insegna economia in SOAS. Se il cielo non mi cade sulla testa prima (a questo punto lo metto in conto, vedi il post sotto), il prossimo anno lavorerò come teaching assistent nel suo corso. Dopo la conversazione abbiamo pranzato sul prato nonostante il freddo assassino, insieme ad altre ragazze del dottorato. Come sorprendentemente spesso è accaduto negli ultimi mesi, la conversazione è caduta sul racconto dei preparativi per un matrimonio -e questo è per chi mi dice che in SOAS sono tutti fricchettoni. Sarà, ma fricchettoni un pò bacchettoni. A quel che mi risulta l'80% è sposato o ufficialmente fidanzato. Una noia mortale.
Anyway, il punto è che durante il racconto la mia nordica datrice di lavoro si mette a parlare di jail, solicitors, police e fedi autoprodotte fatte di ceramica, oltre che di permessi per allontanarsi cinque giorni dalla città. Lì per lì penso di aver capito male e quasi chiedo se il promesso sposo fa l'avvocato. Quando poi racconta che per la proposta di matrimonio si è dovuto mettere in ginocchio sulla sedia "perchè in prigione durante un colloquio non ti puoi alzare in piedi" mi rendo conto che ho appena rischiato una new entry al primo posto della mia classifica di gaff senza perdono.
Successivamene mi sono fatta raccontare la storia. Lui è palestinese, in prigione da dieci anni, accusato ingiustamente di aver messo una bomba a non so che ambasciata. Stanno insieme da sei anni e si sono conosciuti perchè la sorella di lui studiava in SOAS e, non ho la minima idea di come, lo ha fatto conoscere ad alcuni amici. Insomma, l'amore è nato e si è alimentato mentre lui era in prigione. Adesso stanno organizzando un matrimonio da duecento invitati. E a me si è allargato un pò di più il cuore.
 
posted by Chiara at 01:19 | Permalink | 1 comments
Libera circolazione delle persone
Ho il frigo vuoto e la libera circolazione delle persone non gode di buona salute.

Ho solo avuto un piccolo assaggio di quello che i migranti di tre quarti del mondo fronteggiano abitualmente tutte le volte che devono attraversare un confine. E mi ha fatto venire la nausea. Come cittadini europei probabilmente non ci rendiamo conto di quanto possa essere complicato entrare in un paese straniero. Di norma è tanto se ci chiedono la Carta d'Identità. Ma questa nel mondo non è la regola, è l'eccezione. La regola è che un paese può rifiutare un visto d'entrata ad un individuo anche senza fornire nessuna spiegazione.
Ora, la sto facendo tanto lunga solo per dire che sono bloccata a Londra perchè il visto per l'India non arriva. Una settimana, mi avevano detto all'inizio. Poi dieci giorni lavorativi. Adesso sono diventati venti (almeno). Considerato che i venti giorni lavorativi scadono mercoledì prossimo e che venerdì pomeriggio devo essere a Fiumicino, ho i nervi a un passo dall'implosione. E come già detto, pure il frigo vuoto, perchè avevo programmato di tornare in patria tra 24 ore.

Manca la conclusione a questo post, ma sono troppo di malumore per farmene venire in mente una a tono.
 
posted by Chiara at 00:39 | Permalink | 2 comments
mercoledì 9 luglio 2008
Reading advice for the summer
Immagine di Atonement

Per anni mi sono chiesta cosa avesse di speciale McEwan. Poi mi sono decisa a leggere un suo libro, e l'ho capito.
La sua capacità di immedesimarsi nella mente di una bambina e di raccontarla con estrema naturalezza mi ha lasciato spiazzata. Mi sono ritrovata a leggere i miei pensieri di un paio di decennio fa, o almeno la logica con cui li formulavo (not to mention that Briony's favourite view of London is the same as mine, that from Waterloo Bridge. Anche io alzo sempre la testa dal libro per guardare sia a destra che a sinistra tutte le volte che lo attraverso).
La vita adulta dei protagonisti non è forse raccontata in modo altrettanto toccante, ma l'affresco della Seconda Guerra Mondiale è pieno di umanità e la descrizione dell'apprendistato da infermiera di Briony mi ha fatto capire qualcosa di più su mia madre (stesso apprendistato qualche decennio dopo, ma poche cose dovevano essere cambiate).
Infine, il trucchetto del meta-romanzo è forse un modo un pò troppo furbo per fornire un doppio finale alla storia, ma in questo caso è pienamente giustificato. Questo infatti non è solo un romanzo, è anche un libro su come si diventa scrittori e su come sia necessario sperimentare il meglio e il peggio della natura umana per riuscirci. Un libro imprescindibile per chiunque interressato alla scrittura.
 
posted by Chiara at 00:13 | Permalink | 0 comments
venerdì 4 luglio 2008
Count down
Sono talmente concentrata a non sprecare le energie che mi rimangono e ad usarle per finire quello che devo finire (e che sicuramente non sarà finito per tempo) che trascuro tutto ciò che non è strettamente indispensabile e talvolta anche quello.
E' già luglio ma se non fosse per l'Università quasi vuota non me ne accorgerei (i vuoti sono riempiti in questi giorni dal Marxism Festival 2008 che la SOAS sta ospitando, col risultato che tipi ancora più improbabili del solito si aggirano per i corridoi e una inquietantissima mostra fotografica ha occupato la Staff Common Room, così ci tocca pranzare con video di uomini apparentemente senza vita a mollo in una vasca da bagno, oltre alla solita foto di bimbo denutrito con gli occhi fuori dalle orbite).
Giusto per bilanciare la situazione e ricordarmi com'è che gira il mondo, nelle pause dallo studio invece di andare al Festival mi guardo Wimbledon e una volta di più mi convinco che il tennis sia uno degli sport più civili che siano rimasti in giro. Per intendersi, il pubblico fa casino (moderato) solo mentre il gioco è fermo, ma finchè la pallina è in aria, tutti zitti.

Rinuncio a trovare un giustificazione per l'utilizzo di typological theorization nel mio case-study e me ne vado a finire un libro.
 
posted by Chiara at 23:34 | Permalink | 2 comments