martedì 15 luglio 2008
Love story
Due post in un giorno, per i seguenti motivi: controbilanciare l'ondata di negatività del post precedente e perchè la storia che ho da raccontare merita un post a sè.
Uno dei più validi motivi to stick to academic life più a lungo dello stretto necessario per ottenere una laurea sono le persone che si possono incontrare in una università. Difficile negare che più di in altri ambienti c'è abbondanza di materia umana sorprendente e interessante e talvolta capace di farti fare pace con il mondo.
Ad esempio, questa mattina ho avuto un'amabile conversazione con una giovane ricercatrice (belga o olandese, credo) che insegna economia in SOAS. Se il cielo non mi cade sulla testa prima (a questo punto lo metto in conto, vedi il post sotto), il prossimo anno lavorerò come teaching assistent nel suo corso. Dopo la conversazione abbiamo pranzato sul prato nonostante il freddo assassino, insieme ad altre ragazze del dottorato. Come sorprendentemente spesso è accaduto negli ultimi mesi, la conversazione è caduta sul racconto dei preparativi per un matrimonio -e questo è per chi mi dice che in SOAS sono tutti fricchettoni. Sarà, ma fricchettoni un pò bacchettoni. A quel che mi risulta l'80% è sposato o ufficialmente fidanzato. Una noia mortale.
Anyway, il punto è che durante il racconto la mia nordica datrice di lavoro si mette a parlare di jail, solicitors, police e fedi autoprodotte fatte di ceramica, oltre che di permessi per allontanarsi cinque giorni dalla città. Lì per lì penso di aver capito male e quasi chiedo se il promesso sposo fa l'avvocato. Quando poi racconta che per la proposta di matrimonio si è dovuto mettere in ginocchio sulla sedia "perchè in prigione durante un colloquio non ti puoi alzare in piedi" mi rendo conto che ho appena rischiato una new entry al primo posto della mia classifica di gaff senza perdono.
Successivamene mi sono fatta raccontare la storia. Lui è palestinese, in prigione da dieci anni, accusato ingiustamente di aver messo una bomba a non so che ambasciata. Stanno insieme da sei anni e si sono conosciuti perchè la sorella di lui studiava in SOAS e, non ho la minima idea di come, lo ha fatto conoscere ad alcuni amici. Insomma, l'amore è nato e si è alimentato mentre lui era in prigione. Adesso stanno organizzando un matrimonio da duecento invitati. E a me si è allargato un pò di più il cuore.
Uno dei più validi motivi to stick to academic life più a lungo dello stretto necessario per ottenere una laurea sono le persone che si possono incontrare in una università. Difficile negare che più di in altri ambienti c'è abbondanza di materia umana sorprendente e interessante e talvolta capace di farti fare pace con il mondo.
Ad esempio, questa mattina ho avuto un'amabile conversazione con una giovane ricercatrice (belga o olandese, credo) che insegna economia in SOAS. Se il cielo non mi cade sulla testa prima (a questo punto lo metto in conto, vedi il post sotto), il prossimo anno lavorerò come teaching assistent nel suo corso. Dopo la conversazione abbiamo pranzato sul prato nonostante il freddo assassino, insieme ad altre ragazze del dottorato. Come sorprendentemente spesso è accaduto negli ultimi mesi, la conversazione è caduta sul racconto dei preparativi per un matrimonio -e questo è per chi mi dice che in SOAS sono tutti fricchettoni. Sarà, ma fricchettoni un pò bacchettoni. A quel che mi risulta l'80% è sposato o ufficialmente fidanzato. Una noia mortale.
Anyway, il punto è che durante il racconto la mia nordica datrice di lavoro si mette a parlare di jail, solicitors, police e fedi autoprodotte fatte di ceramica, oltre che di permessi per allontanarsi cinque giorni dalla città. Lì per lì penso di aver capito male e quasi chiedo se il promesso sposo fa l'avvocato. Quando poi racconta che per la proposta di matrimonio si è dovuto mettere in ginocchio sulla sedia "perchè in prigione durante un colloquio non ti puoi alzare in piedi" mi rendo conto che ho appena rischiato una new entry al primo posto della mia classifica di gaff senza perdono.
Successivamene mi sono fatta raccontare la storia. Lui è palestinese, in prigione da dieci anni, accusato ingiustamente di aver messo una bomba a non so che ambasciata. Stanno insieme da sei anni e si sono conosciuti perchè la sorella di lui studiava in SOAS e, non ho la minima idea di come, lo ha fatto conoscere ad alcuni amici. Insomma, l'amore è nato e si è alimentato mentre lui era in prigione. Adesso stanno organizzando un matrimonio da duecento invitati. E a me si è allargato un pò di più il cuore.
che bella storia!il mio cuore di ghiaccio (ma dove??!!) si sta sciogliendo...
Riguardo al post precedente: ottenere un visto è una storia pallosissima, x avere quello turistico x la russia c'è voluto due/tre mesi...
naturalmente ti auguro di averlo ma, se così nn fosse, potresti cmq passare un pò di tempo cn me..
un abbraccio,
clau