venerdì 26 febbraio 2010
E poi scuse e spiegazioni
E' che due scuse a questo povero blog gliele devo. Per averlo trascurato per quasi tre mesi (per molti motivi e nessuno in particolare). Per non essere ancora riuscita a trovare un template meno cheesy di questo qui, che tra l'altro non ha proprio nulla nulla a che vedere col nome (ma di template a tre colonne in giro ce ne sono pochi e poi la foto mi piace ancora). Per aver pubblicato un post come quello sotto, che e' un concentrato di stronzate come non ne vedevo dai tempi del liceo, quando con Enrico si scrivevano le sceneggiature su improbabili personaggi tardo-adolescenziali.
Scritto con l'obiettivo di fornire spiegazioni ad un'amica sul solito delirante status di fb, ha suscitato una certa dose di ilarita' a me nello scriverlo e poi in chi lo ha letto. Da cui la decisione di farlo apparire qui sopra, in mancanza di altro e di meglio.
E adesso vediamo se tutta questa inventiva riesco a metterla al servizio anche del phd.
 
posted by Chiara at 01:17 | Permalink | 0 comments
Il sublime nella creazione di neologismi tramite la fusione di italiano e inglese: da "Bona, merde" a "bonamerding".
Bonamerding, bonamerded

ETIMOLOGIA:
Derivante dall'espressione di gergo popolare e giovanile “bona, merde”, spesso accompagnata da “ci si” [sottinteso “vede dopo”, ndr] atta a significare un saluto informale, normalmente utilizzata come commiato privo di fronzoli da un gruppo di amici e spesso implicante il proseguimento verso piu' eccitanti o circonstanzialmente piu' importanti destinazioni.
L'utilizzo in inglese -lingua basata sul verbo e sull'azione piuttosto che sul sostantivo- ne richiede la trasformazione in forma verbale al present continuous (bonamerding) o al past tense (bonamerded).

UTILIZZO:
L'utilizzo in letteratura di bonamerding e' ancora limitato. Lo si vede apparire per la prima volta nello status di Facebook di Margherita F. e una seconda in quello di Pietro B. Entrambi ne faranno anche uso della sua forma passiva, ovvero bonamerded. Successivamente Chiara M. recuperera' il termine destando l'interesse anche di un pubblico non strettamente accademico.
Data la sua rapida diffusione nella comunicazione verbale se ne prevede l'imminente inserimento su urbandictionary.com.

SIGNIFICATO:
Non avendo nessuno dei tre autori citati sopra fornito alcuna spiegazione o definizione del termine, il suo significato puo' essere solo interpretato alla luce del contesto del suo utilizzo, dell'indole degli stessi autori e dell'accezione originale dell'espressione "bona merde".
In primo luogo e' evidente che bonamerding puo' essere utilizzato esattamente con la stessa accezione di "bona merde". La trasformazione in verbo in forma continuata permette pero' anche di esprimere una maggiore distacco, disappunto ed eventualmente conflitto nei confronti dell'oggetto verso il quale e' diretta l'azione. Ne risulta cosi' rafforzato il senso del termine quale “abbandono di una situazione che si ritiene non piu' tollerabile”.
Ma e' con la trasformazione in past tense (bonamerded) e dunque la possibilita' di utilizzare il verbo in forma passiva (to be/get bonamerded) che il termine acquisisce una molteplicita' di significati e dunque la sua interpretazione si fa piu' incerta.
Al suo primo livello di significato to be bonamerded sta per “essere abbandonati nel bel mezzo di una situazione”, sia perche' la situazione non e' ritenuta in se piu' gradevole, sia perche' chi commette l'azione di bonamerding ha un genuino desiderio di allontanarsi da voi.
Data la genericita' della definizione, essa puo' essere traslata o interpretata in senso lato per essere applicata ad una varieta' di situazioni.
Si puo' attenuare l'elemento di rapporto personale (ad esempio si e' bonamerded se si e' licenziati dopo tre anni di contratto a progetto) o accentuare quello di volonta' esplicita di creare danno al prossimo a proprio vantaggio (si e' bonamerded se il collega vi frega la promozione tramite sotterfugio, in questo caso tende ad equivalere all'espressione italiana “prenderlo in culo”).
Si possono anche introdurre gli elementi di delusione (si e' bonamerded se un amico vi abbandona inaspettatamente in un momento difficile), sorpresa (si e' bonamerded se il partner vi molla per un'altra/altro a due settimane dal matrimonio), disappunto (si e' bonamerded se una persona non si comporta secondo i vostri desideri e aspettative dopo avervi fatto credere il contrario).
Si tratta comunque solo di esempi e le possibilita' di utilizzo sono pressoche' illimitate. E' comunque da notare la presenza di quattro aspetti ricorrenti (se pur in grado diverso) in tutte le applicazioni del termine: l'imprevedibilita', l'allontanamento, il danno e la delusione. Se ne puo' quindi dedurre che sono questi quattro aspetti a costituire il cuore del significato di bonamerding.

ONTOLOGIA:
Mentre a tutti puo' capitare di commettere bonamerding o di essere bonamerded, il mondo tende a distinguersi in due categorie di persone: coloro che vengono sistematicamente bonamerded e coloro che hanno una spiccata tendenza al bonamerding (per una trattazione dettagliata vedere “Ontologia del bonamerding”, a cura di C.M., forthcoming).
 
posted by Chiara at 01:07 | Permalink | 5 comments
mercoledì 9 dicembre 2009
Tamarind in the bed
Quando eravamo piccoli il babbo ci raccontava degli scherzi che si facevano sotto il militare (ai suoi tempi). Io ascoltavo perplessa. Quando andavo in vacanza in colonia di scherzi terribili non se ne facevano. Al massimo una lucertola nello zainetto. Ah, una volta ho nascosto il libro dei compiti delle vacanze di una mia amica, ma probabilmente le feci solo un favore. Immagino che la mia generazione fosse semplicemente poco crudele.
Quindi mi son trovata senza saper bene come reagire quando sabato notte son tornata a casa e ho scoperto che Tina mi aveva nascosto una cosa che assomigliava a della cacca nel letto. Senza contare che di solito e' una coinquilina adorabile.
Tra l'altro lo scherzo non le e' nemmeno riuscito, perche' si e' fatta prendere dai senzi di colpa, e mentre mi preparavo per andare a letto,mi ha avvertito della presenza dell'oggetto estraneo, poiche' "mi sarei potuta spaventare se l'avessi scoperto mentre ero da sola". Quindi mi ha detto "just pretend you're going to sleep and let's see if you find it".
Ora, essendo il materasso pieno di molle dure che mi si piantano nella schiena, tra il copriletto e il materasso c'e' un piumone piegato in due che dovrebbe limitare l'influenza di suddette molle. Avendo Tina nascosto il suo scherzo tra le pieghe di questo piumone, io non ho notato nulla di strano quando "I pretended to go to sleep".
Cosi' piuttosto scocciata, e' dovuta lei andare a ripescare il baccello di tamarindo che aveva nascosto.
Trattasi di oggetto oblungo di colore marrone che quando si apre rivela frutti di consistenza molliccia e dello stesso colore, ma in tonalita' piu scura. Insomma simile alla cacca. E' un frutto fantastico, in India ne ho visto a montagne, gli indigeni lo vanno a raccogliere nella foresta e lo usano per cucinare qualsiasi cosa. Infatti il giorno dopo Tina se ne e' fatta una scorpacciata.
E si e' stupita che lo scherzo non mi abbia divertito, per difendersi mi ha pure detto "but eventually I told you about it!".
D'altra parte immagino che la colpa sia solo mia. Per un anno non mi sono accorta che era lei a nascondermi le pantofole nel vaso o sull'attaccapanni (peraltro pantofole che rappresentano un segno d'emancipazione per me, ma questa e' un'altra storia) e adesso e' difficile recuperare in serieta'.
Immagino in fondo meglio cosi', anche se babbo sarebbe molto deluso a sapere che tutte le storie che mi raccontava non mi hanno insegnato nulla.
 
posted by Chiara at 19:25 | Permalink | 0 comments
lunedì 2 novembre 2009
Cose Selvagge per Bambini Cresciuti


Ascoltavo Radio Popolare ieri sera e la recensione di un film appena arrivato nelle sale italiane ha attirato la mia attenzione. Nella versione originale si intitola "Where the Wild Things Are", esattamente come il libro da cui e' tratto. Ed un titolo cosi' bello non poteva che appartenere ad un libro per bambini, apparentemente uno dei piu' amati di tutti i tempi. A me non e' suonata nessuna campanella finche' non sono andata a guardarmi le illustrazioni, che ho riconosciuto subito per averle viste spesso in librerie e biblioteche.Da sole raccontano un mondo intero e commuovono gli adulti.

"And when he came to the place where the wild things are
they roared their terrible roars and gnashed their terrible teeth
and rolled their terrible eyes and showed their terrible claws
till Max said "BE STILL!"
and tamed them with the magic trick
of staring into all their yellow eyes without blinking once
and they were frightened and called him the most wild thing of all
and made him king of all wild things.
"And now," cried Max, "let the wild rumpus start!".

Pare che l'autore (di testo e illustrazioni), Maurice Sendak, si sia ispirato ad una coppia di zii, ebrei di origine polacca dall'inglese zoppicante, nell'ideare le sue creature selvagge, e per esplorare il grottesco e l'onirico della fantasia infantile. Anche se le creature di Sendak ispirano tenerezza piu' che terrore, non ce dubbio che egli violi l'Assioma del Piccolo Principe, per cui "Tutti i grandi sono stati bambini, ma pochi di essi se ne ricordano". Sendak se ne ricorda di sicuro, e va a rafforzare l'evidenza empirica del mio Corollario all'assioma suddetto, per cui "gli adulti che si ricordano della propria infanzia, sono spesso artisti geniali".
Come ulteriore prova del mio corollario, concludo con un'altro artista geniale che si ricorda della propria infanzia:
(The small magnifying glass-along with an album for twenty-five hundred stamps, a stamp tweezers, a perforation gauge, gummed stamp hinges, and a black rubber dish called a watermark detector-had been a gift from my parents for my seventh birthday. For an additional ten cents they'd also bought me a small book of ninety-odd pages called The Stamp Collector's Handbook, where, under "How to start a stamp collection", I'd read with fascination this sentence:"Old business files or private correspondance often contain stamps of discontinued issues which are of great value, so if you have any friends living in old houses who have accumulated material of this sort in their attics, try to obtain their old stamped envelopes and wrappers". We didn't have an attic, none of our friends living in flats and apartments had attics, but there'd been attics just beneath the roofs of the one-family houses in Union-from my seat in the back of the car I could see little attic windows at either end of each of the houses as we'd driven around the town on that terrible Saturday the year before, and so all I could think of when we got home in the afternoon were the old stamped envelopes and the embossed stamps on the prepaid newspaper wrappers secreted up in those attics and how I would now have no chance "to obtain" them because I was a Jew.)

(e' Philip Roth in "The Plot Against America")
 
posted by Chiara at 19:54 | Permalink | 0 comments
lunedì 28 settembre 2009
Passaggi e cambi di cappello
Non posto dal mio compleanno, piu' di tre mesi fa. Nel frattempo ci sono state Hyderabad e Delhi, un assaggio londinese, un piacevole ritorno fiorentino, due mesi passati a studiare come non succedeva dai felici tempi del Curtatone, una puntata di "Scova l'intruso a palazzo Koch", lunghe chiaccherate e ritrovamenti.
In tutto questo tempo ho sepolto l'avventura indiana in un angolino della mente, sapendo che presto avrei dovuto ricominciare a lavorarci sopra. Questo momento e' infine arrivato e come inizio soft sono andata a ripescare appunti di post non pubblicati al momento in cui gli ho scritti.
Li pubblico adesso, anche se sono un po' sconclusionati e lasciati a meta', per rientrare nella giusta atmosfera.

I'll Never Do It Again (INDIA)

Francamente non ne posso più delle infinite, stupidissime, inutili regole indiane.
Se nella vita pubblica e nei comportamenti di massa vige la più totale anarchia (chi ha inventato l'espressione “fila indiana” decisamente si riferiva agli indiani d'America, perchè nel sub-continente indiano stare in fila è praticamente proibito), le relazioni sociali sono iper-regolate e soggette a numerosi tabù. Altrettante però sono le contraddizioni e le eccezioni alla regola, rendendo il tutto più difficile da capire e da accettare.
Il Kamasutra è stato inventato in India, ma le dimostrazioni d'affetto in pubblico sono tabù. Fa eccezione il caso in cui siano scambiate tra uomini: è comune vedere ragazzi che attraversano la strada sotto braccio o per mano. L'omosessualità però era considerata reato fino alla settimana scorsa.
La cosa che si avvicina di più a un corso di educazione sessuale è la pubblicità della pillola del giorno dopo in televisione. Ma il preservativo è un tabù.
Marie Clair India dedica un articolo all'acquisto di sex toys da parte delle donne, ma informa che l'importazione e la vendita di tali prodotti è reato in India. Inoltre dedica un articolo alle giovani donne single che vivono da sole-pare siano in aumento, ci sta che siano gia' qualche centinaio in tutta l'India (sic).
Al negozio ti incartano gli assorbenti perchè non è carino farli vedere in giro e dire che ti scappa la pipì è un tabù. D'altra parte l'altro giorno mi sono ritrovata davanti ad un poster plastificato raffigurante una ragazzina seduta tra cespugli e fiorellini, grande a sufficienza da coprire la parete di una stanza. Sapendo che la ragazzina in questione è viva e vegeta, mi sono azzardata a chiedere per quale occasione fosse stato fatto. La risposta, per una volta in inglese quasi corretto e scientifico, è stata: il primo mestruo.

La pubblica amministrazione è ovviamente la suprema dispensatrice di regole inutili. Dovendo spedire in Europa 15 Kg di materiale cartaceo accumulato in due mesi di lavoro, ho avuto l'occasione di sperimentare le efficienti assurdità (il pacco è arrivato in una settimana) delle Poste indiane.
Per qualche oscura ragione è possibile spedire solo oggetti “imbustati”, ovvero contenuti in sacco o busta di materiale resistente, quale tela o tessuto. Il mio scatolone malmesso e ricoperto di scotch, trasportato all'ufficio postale in bilico sulla vespa tra me e Vinjaran, certo non risponde a tali criteri. Non scoraggiati al primo ostacolo, andiamo in cerca di un sarto che mi prepari un sacco adeguato. Mentre visualizzo immagini di libri riposti in una federa mi viene in mente che un sacco di riso può facilmente servire allo scopo.
La città (e tutta l'India) ne è piena, quindi non è difficile trovarne uno. Chiediamo aiuto ad una squadra di fattorini delle ferrovie in camicia rossa che indolenti riposano seduti per terra lungo la strada. In pochi minuti il sacco viene cucito tutt'intorno alla mia scatola, rivestendola completamente. Il fattorino più anziano, che dirige le operazioni, ha lo stemma di ToysRUs impresso sulla camicia. Mi chiedo come la divisa di una catena di giocattoli sia potuta diventare la divisa di fattorini indiani.

Da nazione orgogliosa qual'è, l'India dovrebbe capire che per essere considerata un paese moderno, dovrebbe fare lo sforzo di spingere le regole del proprio galateo verso standard internazionalmente accettati.
In particolare qualcuno dovrebbe prendersi la briga di spiegare agli indiani che l'eccessiva gentilezza rischia di sfociare in maleducazione. Ad esempio invitare un amico a cena e poi farlo mangiare da solo mentre tu te ne giri intorno alla tavola studiando ogni sua minima mossa e riempiendogli il piatto di cibo che non desidera, non fa di te l'ospite prefetto. L'abitudine di riempirti il piatto non appena accenna a svuotarsi mi risulta particolarmente noiosa. Non ho modo di godermi un pasto perchè passo tutto il tempo in tensione sperando che non mi rifilino un'altra scodellata di pappina nel piatto. Non so quante volte al giorno dico thanks but no thanks. Per qualche assurda associazione mentale torna a venirmi in mente il personaggio di Panariello che aveva un problema, che era l'avvoltoio sul letto della nonna. Ecco qui la sensazione è simile. Quella di avere un avvoltoio che ti sta seduto sullo schienale della sedia e aspetta il momento giusto per convincerti che in fondo vuoi ancora un po' di dal.

P.S. sul titolo: non e' per niente vero that I'll never do it again. Ma era un acronimo troppo bello e troppo rappresentativo di certi momenti di sconforto che il sub-continente ti puo' portare a vivere, per non usarlo.
 
posted by Chiara at 11:14 | Permalink | 0 comments
sabato 20 giugno 2009
Ventisette a Quarantaquattro
17 Giugno 2009, Badrachalam, Khammam District, stato dell'Andhra Pradesh, India.
44 C°.
Quarantaquattro gradi centigradi.
Alle 11.30 ho già bevuto due litri d'acqua. Mi trovo in zona per intervistare famiglie nei villaggi dei dintorni. La giornata di lavoro si svolge incredibilmente bene e tutto gira per il verso giusto. Terminiamo tutte le interviste nel giro di 5 ore, ottenendo le risposte che speravo. Mi incazzo solo un paio di volte con Subba Rao. Per pranzo riesco ad evitare il riso e a mangiare qualcosa che assomiglia a verdura fresca. Troviamo ospitalità nella guesthouse della forestale, così ho un letto pulito in cui dormire e l'aria condizionata in camera.
Secondo Subba Rao e Murthy è tutto merito di Lakshmi e di Sri Rama, che questa mattina mi hanno dato la loro benedizione, e del fatto che quest'anno il mio compleanno è caduto in un giorno fortunato.
A Badrachalam si trova un importante tempio Hindu, visitato da pellegrini provenienti da tutta l'India. I miei devoti assistenti hanno pensato di festeggiarmi alla loro maniera proponendomi una visita al tempio ed io non dico mai di no ad una benedizione, che non si sa mai. Così ho offerto il cocco, toccato i gradini, mangiato il pugnetto di riso offerto ai pellegrini (senza prendermi nemmeno un parassita intestinale), donato 20 rupie e seduto in meditazione. Oltre alla serie di fortunati eventi, ho ricevuto in cambio una statuetta in lacca del dio Sri Rama, della moglie Sita e del dio-scimmia Hanuman.
Certo Chennari avrebbe qualcosa da ridire nell'attribuire tutto il merito della buona riuscita della giornata alle divinità Hindu. Immagino piuttosto che tirerebbe in ballo Gesù Cristo. Due giorni fa in effetti, dopo avermi fatto spengere le candeline e imboccato la torta, mi aveva promesso che lei e gli altri avrebbero pregato per me nel giorno del mio compleanno.
L'altra metà (o più probabilmente sesto) dell'India infatti, oltre a pregare un unico dio, festeggia con la torta e le candeline e canta Happy Birthday. Ovviamente nella variante indiana, cioè con un sacco di regole e una pesante gentilezza che uccidono tutta la spontaneità.
La torta viene offerta, ma non mangiata. Ogni invitato deve imboccarne un pezzo al festeggiato (l'imboccarsi a vicenda è ritenuto gesto di grande affetto da queste parti, a me fa rabbrividire) e poi la torta scompare dalla stanza.
Le candeline sono montate all'interno di un bocciolo di plastica che si apre mostrando il suo tesoro e intonando la solita musichetta all'infinito, senza possibilità di essere interrotta se non decapitando il marchingegno.
Da parte mia, mi ero presentata con una scatola di dolci da offrire per l'occasione. Ma anche questa fase è soggetta a dettagliate regole. Solo dopo essere stato ingozzato di torta il festeggiato può offrire i suoi dolci, presentandoli rigorosamente a ciascun invitato. Anche questi, se avanzano, scompaiono dopo poco misteriosamente.
Il tutto si conclude piuttosto velocemente, lasciandoti col dubbio di non aver offeso nessuno rubando un dolcetto in più dalla scatola abbandonata sul tavolino.

In ogni caso, merito della spiritualità indiana oppure no, quest'anno sono invecchiata sentendomi più leggera.
 
posted by Chiara at 14:50 | Permalink | 1 comments
mercoledì 10 giugno 2009
Auguri e figli maschi
Tutti i giorni si sposa qualcuno. Maggio è il mese dei matrimoni secondo il calendario Hindu e anche se da queste parti son tutti cattolici, la tradizione è rispettata nella ricerca dei giorni propizi per celebrare l'unione. Il sincretismo religioso certo non si ferma qui e la quantità di regole che vanno rispettate prima durante e dopo la celebrazione del matrimonio potrebbe riempire un manuale. Dal cibo da mangiare al numero di parenti da visitare e in quale ordine, ai regali da presentare alla famiglia dello sposo al piede con cui i neo-sposi devono entrare per la prima volta in casa. E poi benedizioni, polvere arancione in capo (tamarik), cambi di saari, reclusione nei tre giorni precedenti la celebrazione, orribili catene d'oro (o simil tale) appese al collo al posto della fede e un pranzo di nozze che francamente non vale la pena nominare, visto che tanto si rifinisce per mangiare la solita roba di tutti i giorni, al limite in combinazione diversa (riso e curry).
D'altra parte l'intera società indiana è permeata da rigide regole in ogni suo aspetto. L'apoteosi della rigidità sociale è ovviamente rappresentata dal sistema di caste. La scarsa libertà concessa alle donne segue da vicino. L'abitudine a combinare matrimoni anche nelle famiglie più colte e liberali conferma che l'amore romantico non va necessariamente di pari passo con la crescita economica. L'unica concessione è l'introduzione del livello di istruzione tra i criteri di selezione. Aver completato un MSc in ingegneria aerospaziale è un plus anche per una ragazza, salvo poi non farsene di nulla. Innanzitutto perchè di agenzie spaziali nel West Godavari non ce ne sono molte e in generale il mercato del lavoro non domanda molto più che braccianti agricoli, in secondo luogo perchè comunque un lavoro nel settore sarebbe inappropriato per una donna sposata e potenziale madre di famiglia.

Tutte le storie di vita che ho sentito raccontare fino a ora si concludono con un matrimonio. I giovani perseguono i propri sogni fino a 20-22 anni, poi il richiamo delle convenzioni sociali è troppo forte e decidono di sposarsi. Il tutto può avvenire in non più di tre mesi. Il tempo di informarsi in giro se qualcuno conosce qualcuno che conosce qualcuno che ha un figlio o una figlia da sistemare, far incontrare le famiglie, offrirsi il te' a vicenda e in qualche caso lasciare l'ultima parola ai diretti interessati. Qualche settimana dopo ti ritrovi ricoperta di corone di fiori e polvere arancione sudando copiosamente sotto il sole delle due del pomeriggio che un tendone verde non riesce a schermare, seduta accanto a un perfetto sconosciuto.
L'avvenimento è celebrato con il più grande rispetto e approvazione, al punto che un matrimonio modesto non ha meno di trecento invitati. Ognuno dei suddetti deve benedire gli sposi versando loro in capo tamarik e riso. Il che significa che la coppia passa dalle sei alle diciotto ore seduta sotto il tendone verde in attesa che la processione degli invitati e la pioggia di riso si esauriscano. Nelle foto appaiono sempre sudati, stremati, incazzati o sull'orlo di un esaurimento nervoso. Un inizio di vita coniugale non proprio entusiasmante, ma certo rappresentativo di quel che sarà poi.
Prendete Chennari. A diciott'anni lascia la famiglia (ricca e colta) e va a studiare a Hyderabad per diventare chef. Tre anni dopo si specializza in cucina italiana e viene selezionata per andare a lavorare sui traghetti di Costa Crociere. Ma nel frattempo la madre muore e convenzione vuole che lei si sposi. La ragazza non è una ribelle ed evidentemente le piace l'idea di giocare alla prima donna nella famiglia. Così di buon grado sposa un primogenito, a lei coetaneo e dal sorriso simpatico, ingegnere che lavora per una multinazionale e sospetto stipendio da occidentale. Insomma mica le va male. Ovviamente addio Costa Crociere-anche se bisogna riconoscere che la famiglia dello sposo l'ha lasciata scegliere se accettare il lavoro o meno. Ma francamente chi te lo fa fare di passare 9 mesi l'anno in barca a cucinare per turisti annoiati quando puoi passare le giornate a gestire le proprietà di famiglia seduta in poltrona.
Salvo poi annoiare a morte anche se stessa.
 
posted by Chiara at 04:30 | Permalink | 0 comments