mercoledì 13 febbraio 2008
Le apparenze ingannano
Una riunione-cena di un gruppo di ricerca a casa di un professore, che è anche uno dei più autorevoli marxisti a livello internazionale (non che ce ne siano molti a giro). Ti aspetti una cena sofisticata o molto british food, una casa disordinata e piena di libri polverosi, cimeli di una vita sparsi ovunque, personaggi improbabili.
Sarà che a destinazione ci sono arrivata a bordo di una macchinina elettrica arancione non più grande di un cassonetto della spazzatura ma in grado di ospitare quasi comodamente quattro ragazze e un paio di zaini; sarà che durante il tragitto particolari, aneddoti e pettegolezzi sono stati svelati. Ma quello che ho trovato non c'entra quasi nulla con l'immagine che mi ero fatta.
Un ospite timido, gentile e riservato; una bimba bionda che si è addormentata sul divano sotto una coperta rosa mentre la riunione procedeva; una moglie molto più giovane del marito. Una casa grande con un salone con due caminetti, ma mura quasi spoglie ad eccezione di disegni di mano infantile e foto di una sorellina di due anni che già non c'è più; sugli scaffali un pò di libri -ma mica tanti- di vario argomento (dai Sette pilastri della saggezza alla cucina ebraica) videocassette di cartoni animati, sul frigo calamite colorate. La maggior parte dei presenti si rivela essere italiana e di genere femminile e nonostante questo mi ritrovo a pensare che il gender bias è proprio duro da abbattere.
Torno a casa con le idee confuse, scoraggiata all'idea di dover attraversare tutta una serie di passaggi che speravo di potermi evitare e al constatare che certe dinamiche sono le stesse in tutto il mondo, incredula e invidiosa della capacità di certe persone di tenere separata la vita privata da quella professionale, infastidita da una solitudine che non mi so ben spiegare.
Sarà che a destinazione ci sono arrivata a bordo di una macchinina elettrica arancione non più grande di un cassonetto della spazzatura ma in grado di ospitare quasi comodamente quattro ragazze e un paio di zaini; sarà che durante il tragitto particolari, aneddoti e pettegolezzi sono stati svelati. Ma quello che ho trovato non c'entra quasi nulla con l'immagine che mi ero fatta.
Un ospite timido, gentile e riservato; una bimba bionda che si è addormentata sul divano sotto una coperta rosa mentre la riunione procedeva; una moglie molto più giovane del marito. Una casa grande con un salone con due caminetti, ma mura quasi spoglie ad eccezione di disegni di mano infantile e foto di una sorellina di due anni che già non c'è più; sugli scaffali un pò di libri -ma mica tanti- di vario argomento (dai Sette pilastri della saggezza alla cucina ebraica) videocassette di cartoni animati, sul frigo calamite colorate. La maggior parte dei presenti si rivela essere italiana e di genere femminile e nonostante questo mi ritrovo a pensare che il gender bias è proprio duro da abbattere.
Torno a casa con le idee confuse, scoraggiata all'idea di dover attraversare tutta una serie di passaggi che speravo di potermi evitare e al constatare che certe dinamiche sono le stesse in tutto il mondo, incredula e invidiosa della capacità di certe persone di tenere separata la vita privata da quella professionale, infastidita da una solitudine che non mi so ben spiegare.