lunedì 4 agosto 2008
Dodici ore più, dodici ore meno
In India le infrastrutture fanno un po’ schifo, tutti sono d’accordo su questo. La rete stradale sembra essere particolarmente orripilante, ma per quel che ho potuto vedere, finchè il codice stradale non verrà applicato e la patente rilasciata solo dopo previo esame di guida, c’è poco che un’autostrada a sei corsie possa fare per migliorare la situazione.
Va però detto che col treno si può arrivare lontano. La più lunga rete ferroviaria al mondo attraversa il paese, il chè significa che si può coprire una distanza pari a quella che c’è tra Roma e Stoccolma senza mai scendere dal treno. Le distanze in pratica si misurano in mezze giornate di viaggio. Può allora succedere di acquistare senza scomporsi troppo un biglietto Varanasi-Hyderabad che parte alle 9.30 di sera e arriva alle 2.30. Trattandosi di 1600 chilometri di distanza si da per scontato che non si tratti delle 2.30 della stessa notte ma del pomeriggio successivo. Può anche capitare che intorno alle 2 del pomeriggio del giorno successivo si abbia l’intuizione di chiedere ai propri compagni di scompartimento quanto manca a destinazione e ci si senta rispondere “dodici ore circa, ma speriamo che faccia ritardo”.
Quella piccola differenza che ci sta tra a.m e p.m. ci era sfuggita e evidentemente non abbiamo ancora imparato che in questo paese non si può proprio mai dare niente per scontato.
Comunque, quando ci sentiamo dare la bella notizia siamo ormai siamo al nostro terzo viaggio in treno nel sub-continente nel giro di una settimana, ed abbiamo già superato con discreto successo quasi tutte le prove necessarie per essere accettate tra i passeggeri autoctoni (non se ne devono vedere molti di turisti su questa rotta). Abbiamo difeso imperterrite le nostre due cuccette dalla più antipatica famiglia indiana, imparato a gestire le relazioni con arroganti matrone in saari, litigato per la sistemazione dei bagagli (alcuni dei quali contenenti bottiglie di plastica riempite di acqua del Gange) e accettato di sedere in otto in uno scompartimento per sei circondate da chiassosi e impertinenti passeggeri che non smettono mai o di mangiare o di dormire. Quindi ci sentiamo sufficientemente padrone della situazione per poter fronteggiare altre dodici ore di viaggio. L’unica cosa che ci desta un po’ di preoccupazione e disappunto è l’arrivo alla stazione. Non sono molti i posti in cui si può andare alle due e mezzo di notte in una città che non si conosce e in cui non si riesce a prenotare una camera d’albergo per telefono. Risolviamo che la soluzione migliore è probabilmente attendere l’alba in stazione.
Il treno poi e' pure arrivato in anticipo, cosi' abbiamo sperimentato anche come si dorme (poco e male) nella sala d'aspetto della stazione Secunderabad-Hyderabad. Abbiam deciso che questo viaggio le mettiamo nel curriculum
Va però detto che col treno si può arrivare lontano. La più lunga rete ferroviaria al mondo attraversa il paese, il chè significa che si può coprire una distanza pari a quella che c’è tra Roma e Stoccolma senza mai scendere dal treno. Le distanze in pratica si misurano in mezze giornate di viaggio. Può allora succedere di acquistare senza scomporsi troppo un biglietto Varanasi-Hyderabad che parte alle 9.30 di sera e arriva alle 2.30. Trattandosi di 1600 chilometri di distanza si da per scontato che non si tratti delle 2.30 della stessa notte ma del pomeriggio successivo. Può anche capitare che intorno alle 2 del pomeriggio del giorno successivo si abbia l’intuizione di chiedere ai propri compagni di scompartimento quanto manca a destinazione e ci si senta rispondere “dodici ore circa, ma speriamo che faccia ritardo”.
Quella piccola differenza che ci sta tra a.m e p.m. ci era sfuggita e evidentemente non abbiamo ancora imparato che in questo paese non si può proprio mai dare niente per scontato.
Comunque, quando ci sentiamo dare la bella notizia siamo ormai siamo al nostro terzo viaggio in treno nel sub-continente nel giro di una settimana, ed abbiamo già superato con discreto successo quasi tutte le prove necessarie per essere accettate tra i passeggeri autoctoni (non se ne devono vedere molti di turisti su questa rotta). Abbiamo difeso imperterrite le nostre due cuccette dalla più antipatica famiglia indiana, imparato a gestire le relazioni con arroganti matrone in saari, litigato per la sistemazione dei bagagli (alcuni dei quali contenenti bottiglie di plastica riempite di acqua del Gange) e accettato di sedere in otto in uno scompartimento per sei circondate da chiassosi e impertinenti passeggeri che non smettono mai o di mangiare o di dormire. Quindi ci sentiamo sufficientemente padrone della situazione per poter fronteggiare altre dodici ore di viaggio. L’unica cosa che ci desta un po’ di preoccupazione e disappunto è l’arrivo alla stazione. Non sono molti i posti in cui si può andare alle due e mezzo di notte in una città che non si conosce e in cui non si riesce a prenotare una camera d’albergo per telefono. Risolviamo che la soluzione migliore è probabilmente attendere l’alba in stazione.
Il treno poi e' pure arrivato in anticipo, cosi' abbiamo sperimentato anche come si dorme (poco e male) nella sala d'aspetto della stazione Secunderabad-Hyderabad. Abbiam deciso che questo viaggio le mettiamo nel curriculum